Declassamento del lupo, c’è il sì della Camera. Un altro passo verso norme che faciliteranno gli abbattimenti
di Alessandro Sala
L’aula di Montecitorio ha approvato il via libera alla legge di delegazione europea che contiene anche la direttiva approvata a livello Ue
Con 122 voti a favore, 7 contrari e 63 astenuti, l’Aula della Camera ha approvato in prima lettura la legge di delegazione europea, un provvedimento annuale che stabilisce quali atti dell’Unione Europea debbano essere recepiti a livello nazionale. Tra quelli inclusi nella norma omnibus di quest’anno c’è anche il declassamento dello status di protezione del lupo, che passerebbe da «rigorosamente protetto» a «protetto», così come già deciso a livello comunitario. La perdita dell’avverbio nella definizione si tradurrà di fatto in una maggiore possibilità di intervenire con piani di contenimento qualora venga ritenuto necessario agire sul numero delle popolazioni o su singoli individui problematici.
Una volta ottenuto il via libera da entrambe le Camere, il governo potrà emanare i decreti legislativi che attuano il provvedimento votato a livello Ue. Il declassamento del lupo era stato deciso su pressione del Parlamento Europeo ma aveva trovato d’accordo anche il Consiglio (ovvero l’insieme dei capi di governo o dei ministri delle specifiche materie) e la stessa Commissione. Approvato il declassamento a livello comunitario, ai singoli Stati è demandata la possibilità di adeguarsi alla direttiva o mantenere lo status quo.
Il governo italiano aveva sempre detto di approvare la ratio delle nuove norme, considerando che il lupo ha avuto nel corso degli ultimi anni una forte crescita ed è ritornato a popolare molte aree boschive ma in alcuni casi anche periurbane. Non è insomma più una specie in pericolo, come lo era quando fu inserita nella lista di quelle destinatarie di una maggiore protezione. In Italia la popolazione di lupi si è ricostituita un po’ ovunque sul territorio nazionale fino a raggiungere una quota stimata tra i 3.300 e i 4 mila esemplari. Una concentrazione che non ha eguali in altre nazioni. Proprio per questo da più parti erano arrivate spinte a rimuovere i vincoli di legge che impediscono di intervenire per ridurre il numero di capi. Soprattutto allevatori e cacciatori considerano questo animale un temibile antagonista, perché preda non solo gli ungulati selvatici ma anche, quando ne ha l’occasione, gli animali custoditi in alpeggi e fattorie.
Il fronte ambientalista e animalista ha però sempre contestato l’equazione puramente numerica per cui sarebbe sufficiente sfoltire la quantità di lupi presenti per ridurre le predazioni. Per quanto riguarda quelle sugli animali cosiddetti da reddito, la frequenza degli assalti viene spesso messa in relazione con la mancanza di sistemi adeguati di guardiania, che vanno dai recinti elettrificati alla presenza di personale di custodia, affiancato anche da cani specializzati nella protezione di greggi e armenti come lo sono i pastori maremmani abruzzesi. Gli allevatori, disabituati ad adottare queste pratiche dopo anni di assenza del predatore (nei secoli precedenti era stato di fatto sterminato), sono però restii a modificare gli attuali metodi di allevamento, che comportano comunque dei costi maggiori.
Tra le prime reazioni quella dell’Ente nazionale per la protezione animali, che parla di «pagina nera». «Un voto ingiusto, ingiustificabile, inaccettabile – ha scritto l’Enpa subito dopo il via libera della Camera -, figlio solo della cattiva politica, quella contro l’ambiente e contro la biodiversità». Secondo l’associazione è stata compiuta una scelta «antiscientifica», che non tiene conto del ruolo del lupo come regolatore della biodiversità, nata «dalle pressioni di una parte degli allevatori, nonché del mondo venatorio, ormai tutto spostato su posizioni estremiste, e dal mondo delle armi».
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