NEWS

Moda, dopo Londra anche New York rinuncia alle pellicce nelle sfilate. «Basta crudeltà sugli animali, Milano e Parigi seguano l’esempio»

di Alessandro Sala

Il ceo del Cfda, Steven Kolb: «I consumatori hanno già preso le distanze dalle crudeltà sugli animali, vogliamo che gli stilisti puntino sempre più su materiali alternativi». Esultano le associazioni animaliste. Hwa: «La creatività può essere anche etica»

Due modelle alle sfilate newyorkesi di qualche anno fa. Il Cfda ha deciso di dire basta alle pellicce

Le pellicce animali spariscono dal calendario della moda in una delle sedi più prestigiose del circuito del fashion: durante la New York Fashion Week non saranno più promossi eventi che prevedano collezioni ricavate da animali. Non saranno previste sul calendario ufficiale e neppure sui social media e sul sito web del Council of Fashion Designers of America (Cfda), l’organizzazione che organizza la kermesse. L’annuncio è stato dato nei giorni scorsi direttamente dal Cfda che ha precisato che si partirà già dalla prossima edizione, in programma per il prossimo settembre.

L’iniziativa nasce da una interlocuzione che prosegue ormai da anni con le organizzazioni Humane World for Animals e Collective Fashion Justice. La novità è stata annunciata con dieci mesi di anticipo per dare modo agli stilisti di adattare le nuove collezioni ai materiali considerati consoni e di programmare di conseguenza le prossime passerelle.

Non saranno dunque più consentite le presentazioni di capi realizzati integralmente o che abbiano parti e inserti di pellicce provenienti da animali allevati o catturati, uccisi appositamente per essere scuoiati. A titolo «esemplificativo ma non esaustivo», precisa un comunicato dello stesso Cfda, si parla di pellicce di visone, coniglio, agnello karakul, volpe, cincillà, coyote e cane procione. Ci sarà la sola eccezione di pellicce ottenute dalle comunità indigene attraverso pratiche tradizionali di caccia di sussistenza. In pratica la parte residuale degli animali consumati come cibo.

Sono già molte le case di moda che hanno rinunciato all’utilizzo di pellicce animali, e tra loro ci sono molte delle principali, ma esistono ancora degli «irriducibili» e, in ogni caso, il Consiglio voleva dare un segnale forte. La presa di posizione parte dalla constatazione di come la sensibilità dei consumatori su questo tema ormai sia alta e dal fatto che molti materiali di origine sintetica o vegetale sono ormai in grado di riprodurre la consistenza, l’estetica e il grado di protezione dal freddo fornito dalle pellicce animali. «Supporteremo i progettisti in questa transizione – sottolinea ancora il Cfda – e continueremo a fornire informazioni e consigli sulle possibili alternative». In particolare, «sebbene il Cfda incoraggi ogni designer a prendere decisioni in base alle proprie esigenze aziendali, per aiutare gli stilisti della New York Fashion Week ad allinearsi a questa posizione, ci impegniamo a offrire supporti didattici e una biblioteca di materiali più innovativi e sostenibili che gli stilisti potranno esplorare».

New York segue dunque Londra, che una decisione analoga l’aveva presa già nel 2023. E lo stesso hanno già fatto gli organizzatori delle sfilate di Copenaghen, Berlino, Stoccolma, Amsterdam, Helsinki e Melbourne. Non solo: anche Condé Nast, l’editore che pubblica Vogue, Vanity Fair e Glamour, ha deciso all’inizio di quest’anno di vietare l’uso di pellicce animali nei contenuti editoriali e nelle pubblicità, seguendo politiche simili adottate dalle riviste Elle e InStyle.

La decisione è stata accolta con grande soddisfazione dalle associazioni animaliste. In particolare Humane World for Animals, che con il comitato organizzatore ha avviato da tempo un confronto per far conoscere cosa ci sia realmente dietro la produzione delle pellicce e quanta sofferenza viene imposta agli animali prima e durante le operazioni di scuoiatura. «Plaudiamo al Council of Fashion Designers of America per aver sfruttato la sua influenza sulla moda americana per promuovere un futuro senza pellicce – commenta PJ Smith, direttore delle politiche sulla moda per Hwa – . Sono politiche come questa a tracciare il percorso verso innovazioni in grado di creare un’industria della moda più sostenibile e più etica, senza sacrificare creatività e bellezza».

Secondo Emma Håkansson, direttrice di Collective Fashion Justice, con questa decisione il Consiglio «ha ulteriormente consolidato il suo ruolo di leader innovativo sulla scena globale, scegliendo formalmente di porre fine all’uso di pelliccia animale, un prodotto insostenibile e immorale. Il nostro auspicio è che anche le fashion week di Milano e Parigi seguano l’esempio».

Come detto, si tratterenne di gesti perlopiù simbolici, perché l’alta moda è fatta sempre meno di pellicce e sempre più di materiali alternativi. Ed è per questo che anche associazioni animaliste sempre in prima linea su queste battaglie, come per esempio Peta, hanno spostato ormai l’attenzione sull’altra grande filiera che rende la moda non cruelty free, quella delle pelli esotiche, ricavate perlopiù da serpenti e coccodrilli, ma non solo. «Alla fashion week di New York si vedono già poche pellicce, se non addirittura nessuna – conferma Steven Kolb, amministratore delegato e presidente del Cfda -. Con questa posizione speriamo di ispirare gli stilisti americani a riflettere più a fondo sull’impatto dell’industria della moda sugli animali. I consumatori si stanno allontanando dai prodotti associati alla crudeltà e vogliamo posizionare la moda americana come leader su questi fronti, promuovendo al contempo l’innovazione dei materiali».

La Newsletter di Animali Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti gli ultimi aggiornamenti