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«Gonioinfrades Giardi», il granchio alieno del Mar Rosso è arrivato in Sicilia. E conquista il Mediterraneo

di Salvo Fallica

L’esemplare rinvenuto a Portopalo è il ritrovamento più a ovest di sempre. I rischi per la biodiversità autoctona già minacciati dal granchio blu e da altre specie invasive arrivate da altri mari e oceani

Il Gonioinfradens Giardi ritrovato nei giorni scorsi in Sicilia

Una nuova scoperta nel cuore del Sud del Mediterraneo palesa ulteriormente che gli effetti dei cambiamenti climatici sono in divenire, con rischi crescenti per la biodiversità. Per la prima volta in acque italiane mediterranee è stato identificato Gonioinfradens giardi, un piccolo granchio originario del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano. L’esemplare è stato rinvenuto a Portopalo di Capo Passero, nel punto più a sud della Sicilia (e luogo di notevole ricchezza di biodiversità), confermando la centralità dell’isola come area di frontiera dei cambiamenti ecologici nel Mediterraneo.

A darne notizia è il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania, dove il ricercatore Francesco Tiralongo, tra i massimi esperti a livello nazionale ed europeo di invasioni biologiche marine, ha condotto l’analisi morfologica insieme alla biologa Paola Leotta. L’esemplare di granchio è una femmina recuperata viva da una rete posta a 10 metri di profondità. Il granchio è stato consegnato dal pescatore professionista Alfonso Barone, storico collaboratore del progetto di citizen science «AlienFish», coordinato dallo stesso Tiralongo, fondato su un rapporto armonico e sinergico di interazione tra scienziati e pescatori. Una visione della scienza razionale e concreta che consente ai cittadini di dare il proprio contributo alla ricerca scientifica, con ricadute positive sul piano sociale ed ecologico.

La Sicilia si conferma dunque prima linea del Mediterraneo che cambia. Il ritrovamento rappresenta il limite più occidentale finora documentato per Gonioinfradens giardi nel Mare Nostrum. Le specie aliene possono alterare gli equilibri degli ecosistemi costieri, competere con le specie native e modificare catene alimentari e dinamiche di comunità. La scoperta sottolinea il contributo importante che la Sicilia offre alla ricerca internazionale sulla biodiversità marina. Il gruppo dell’Università di Catania, già noto per studi pionieristici sul fenomeno delle invasioni biologiche, collabora infatti con reti di ricercatori in tutto il Mediterraneo.

Lo studio completo sarà pubblicato nel 2026 sulla rivista scientifica internazionale Mediterranean Marine Science. Gonioinfradens giardi è una specie osservata per la prima volta nel 2010 a Rodi e poi diffusa in vari tratti del Mediterraneo orientale. La presenza nelle acque italiane indica che il processo di espansione verso ovest è ormai in corso e potrebbe essere più avanzato di quanto attualmente noto.

Per comprendere meglio quello che sta accadendo abbiamo sentito il commento del prof. Francesco Tiralongo: «La Sicilia è una piattaforma naturale per osservare in tempo reale i cambiamenti del Mediterraneo. Molte specie tropicali che entrano attraverso il Canale di Suez trovano qui, lungo le nostre coste, le condizioni ideali per stabilirsi. Identificarle tempestivamente è fondamentale». Tiralongo aggiunge: «La somiglianza di Gonioinfradens giardi con altri granchi autoctoni della famiglia Portunidae rende inoltre probabile che la specie sia presente da più tempo, ma sia stata spesso confusa con taxa simili».

Ma qual è l’impatto ecologico delle specie aliene? Tiralongo specifica: “«Le specie aliene – spiega ancora Tiralongo – possono alterare gli equilibri degli ecosistemi costieri, competere con le specie native e modificare catene alimentari e dinamiche di comunità. Non è ancora chiaro quale sarà il ruolo di questo nuovo granchio nei fondali siciliani, ma l’esperienza con altre specie introdotte, incluse quelle recentemente esplose come il granchio blu americano, impone massima attenzione». Siamo dinanzi ad una forma di tropicalizzazione del Mediterraneo? «Il Mediterraneo è oggi uno dei mari più vulnerabili all’arrivo di nuove specie, complice l’apertura del Canale di Suez, il traffico marittimo e il riscaldamento delle acque. La Sicilia, per posizione geografica e diversità di habitat, è tra le regioni più esposte, ma anche tra le più attive nella ricerca e nel monitoraggio».

Lo scienziato siciliano non ha dubbi: «La nostra isola è in prima linea. Studiare queste trasformazioni non significa solo descrivere nuove presenze, ma contribuire a capire come il Mediterraneo stia cambiando e come possiamo gestire questo futuro che è già arrivato». Occorre consapevolezza, bisogna che le istituzioni a tutti i livelli prendano atto della situazione e procedano con una programmazione razionale e pragmatica. E con un approccio multidisciplinare. Vi è un notevole patrimonio di conoscenze scientifiche, vi è la collaborazione dei cittadini-pescatori. Sono i punti da cui partire per sviluppare nuovi progetti di tutela degli ecosistemi marini di ampio respiro. La questione è ecologica, sociale, economica e culturale.

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