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Il cambiamento climatico sta riscrivendo la genetica degli orsi polari

di Alessio Cozzolino

Il DNA degli orsi polari della Groenlandia sta andando incontro a significative modificazioni per conferire agli animali la capacità di resistere alla frammentazione dei ghiacci e alla scarsità di risorse trofiche

Foto d’archivio

L’istinto di sopravvivenza può manifestarsi in forme imprevedibili. Lo dimostrano gli orsi polari: alcune regioni del loro DNA mostrano un’aumentata attività di trasposoni, sequenze mobili capaci di modulare l’espressione di altri geni.

Un adattamento estremo che suggerisce come il patrimonio genetico della specie Ursus maritimus possa reagire al cambiamento climatico. La scoperta emerge da uno studio dell’Università di East Anglia, pubblicato venerdì sulla rivista Mobile DNA.

«Se le temperature globali continueranno a salire, il futuro degli orsi polari non sarà roseo», avverte Alice Godden, autrice della pubblicazione e ricercatrice, in dialogo con il Corriere della Sera. Circa il 66 percento degli orsi polari rischia di scomparire entro il 2050. «La scarsità di cibo e la perdita di habitat saranno ostacoli insormontabili».

Risposte genetiche Ma come reagiscono questi animali alle pressioni ambientali? Per scoprirlo, Godden e colleghi hanno analizzato campioni ematici provenienti da due popolazioni di orsi della Groenlandia: quelli delle aree nord-orientale e sud-orientale. Quest’ultima terra, più calda e soggetta a forti variazioni termiche – con ghiaccio in rapido ritiro, montagne costiere e venti impetuosi – costituisce l’ambiente prototipico che ambedue le specie potrebbero dover affrontare in futuro. Gli orsi del sud-est, inoltre, appartengono a una popolazione geneticamente distinta: migrarono dal nord circa 200 anni fa e rimasero isolati, sviluppando caratteristiche peculiari. I ricercatori hanno analizzato la loro attività genetica tramite RNA (l’acido ribonucleico). In particolare, si sono concentrati sui cosiddetti “geni saltatori”, o trasposoni: sequenze, scoperte dalla biologa americana Barbara McClintock nel mais, che possono spostarsi nel genoma e attivare o spegnere altri geni, influenzando così l’adattamento complessivo. «Si tratta di geni che costituiscono oltre il 35% del genoma dell’orso polare», spiega Godden. «Quando si reinseriscono nel DNA, possono determinare la comparsa di nuove caratteristiche».

Risultati e auspici L’analisi ha rivelato un incremento statisticamente significativo dell’attività dei trasposoni negli esemplari del sud-est, l’area più colpita dai cambiamenti climatici. I geni coinvolti riguardano il metabolismo dei grassi, la gestione dello stress da calore e l’invecchiamento. A fronte di una dieta più povera di grassi e ricca di vegetali, dovuta all’esiguità di foche, questi cambiamenti genetici incrementano la capacità di sopravvivenza degli orsi. «Ci troviamo davanti a una strategia di adattamento, ma che non dà garanzie circa il futuro della specie», precisa Godden. Il passo successivo sarà verificare la presenza di fenomeni analoghi altrove. L’obiettivo è quello di affinare le strategie di conservazione e dare agli orsi l’opportunità di prosperare. «Il nostro lavoro ci offre ulteriori spunti di riflessione: ridurre le emissioni di carbonio, prevenire ulteriori aumenti di temperatura e pianificare interventi più efficaci». Mai come oggi il destino di creature così maestose appare tanto fragile.

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Riferimenti: Godden, A.M., Rix, B.T. & Immler, S. Diverging transposon activity among polar bear sub-populations inhabiting different climate zones. Mobile DNA 16, 47 (2025). https://doi.org/10.1186/s13100-025-00387-4

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