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Congedo retribuito per assistere il tuo cane o gatto: cosa prevede la legge

Il diritto di prendersi cura dei propri animali domestici durante l’orario di lavoro è sempre più al centro del dibattito: dalla sentenza della Cassazione del 2018 alla proposta di legge che introduce permessi retribuiti per malattia, cure veterinarie o decesso degli animali domestici.

La sentenza della Cassazione del 2018

Nel 2018, la Corte di Cassazione ha riconosciuto ai dipendenti la possibilità di assentarsi con permesso retribuito per fronteggiare situazioni di emergenza sanitaria riguardanti cani e gatti.

Questo orientamento ha equiparato, almeno in certi casi, l’assistenza a un animale domestico a quella prestata a un familiare malato, interpretando i cosiddetti “gravi motivi personali e familiari” in maniera più ampia e aderente alla realtà sociale.

La proposta di legge attuale

Attualmente, è in discussione alla Camera una proposta di legge che inserirebbe i permessi per la cura di cani e gatti tra quelli retribuiti e garantiti a livello nazionale. Le previsioni, se approvate, garantirebbero fino a tre giorni di assenza retribuita in caso di decesso del proprio animale e un monte ore annuale (8 ore) per malattia o cure veterinarie urgenti.

Requisiti per ottenere il permesso

Per ottenere il permesso retribuito, è necessario fornire una certificazione veterinaria che attesti l’urgenza della malattia e l’assenza di altre persone in grado di occuparsi dell’animale. In questi casi, il datore di lavoro è tenuto a concedere il permesso, evitando così di esporre il dipendente al rischio di violare l’art. 727 del c.p., che punisce l’abbandono di animali.

La proposta tiene conto di studi scientifici che hanno dimostrato come la perdita o la malattia di un animale domestico sia fonte di stress, ansia e calo significativo della produttività lavorativa, con effetti paragonabili a quelli di un lutto familiare.

Riconoscere un permesso per assistere i propri animali da compagnia, quindi, significherebbe valorizzarli come esseri senzienti, ormai parte integrante del nucleo familiare, e prevenire possibili conseguenze negative sulla salute psicologica dei lavoratori e sulla sicurezza sul lavoro.

Articolo originale su Today.it