La mucca Minerva in salvo. Fuggita dal macello, ha vissuto più di 2 mesi in libertà
di Alessandro Sala
Brambilla: «Ora nessuno le farà del male. Sarà il simbolo delle battaglie contro gli allevamenti intensivi». Con lei al cras «Stella del Nord» è arrivata anche Miranda, un altro bovino con cui aveva interagito durante la «latitanza»
Michela Vittoria Brambilla con le mucche Minerva (a sinistra) e Miranda
Minerva, la mucca fuggita nelle settimane scorse da un mattatoio della Brianza e rimasta sempre in libertà nelle zone boschive al confine tra le province di Lecco e Monza, è stata recuperata e trasferita al centro per animali selvatici «Stella del Nord» di Calolziocorte, gestito dalla Leidaa (Lega italiana difesa animali e ambiente). L’annuncio è stato dato da Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’associazione, che aveva deciso di riscattare l’animale dal proprietario che l’aveva inviata al macello. Aveva scelto di chiamarla Minerva per la sapienza e l’intelligenza dimostrate durante la fuga e la successiva vita nei boschi.
È stata messa in salvo venerdì, con l’aiuto di un esperto nella ricerca di animali scomparsi, Said Beid, un «pet detective» che utilizzando droni e fototrappole e seguendo le tracce dell’animale era riuscito a circoscrivere la zona in cui si rifugiava. Al centro di recupero Minerva non è arrivata da sola: durante la «latitanza» aveva infatti stretto amicizia con un’altra mucca, incontrata in una proprietà agricola. E vista l’intesa che si era creata tra i due animali, Brambilla ha deciso di riscattare anche la seconda, poi ribattezzata Miranda.
Le operazioni di recupero sono state lunghe, perché nonostante il bovino fosse stato individuato già da parecchi giorni si è scelto di non ricorrere a forme di cattura potenzialmente pericolose come la telenarcosi, ovvero l’anestesia a distanza, che in alcuni casi (era successo anni fa con l’orsa Daniza in Trentino) si può rivelare letale. Così si è aspettato il momento giusto per avvicinarla e crearle un percorso obbligato che consentisse di prelevarla senza causarle alcun danno. «Ho mantenuto la promessa di salvarle la vita — commenta Brambilla —. Al nostro centro di recupero vivrà serena fino alla fine dei suoi giorni e nessuno le farà del male».
Minerva nel frattempo è diventata l’eroina degli animalisti sui social: in tanti in queste settimane hanno fatto il tifo per lei, riuscita a cambiare un destino che appariva già segnato. La sua fuga è durata oltretutto molto di più di quanto si era pensato fino ad oggi, perché sarebbe iniziata la prima settimana di settembre e non a metà ottobre. E non era scontato che si concludesse per il meglio: avrebbe potuto imbattersi in qualche predatore selvatico – anche in Brianza, in zone diverse ma non troppo lontane, negli ultimi tempi sono state segnalate presenze di lupi – o morire per la collisione accidentale con un veicolo (il territorio è ancora in molto verde e boschivo ma attraversato da molte strade e diversi automobilisti hanno detto di averla incrociata) o essere abbattuta da un bracconiere. Le stesse fototrappole piazzate da Said Beid hanno immortalato più volte uomini armati di fucile attraversare queste zone. Senza contare la pressione dei sindaci della zona, preoccupati per l’incolumità della popolazione, che hanno più volte sollecitato un intervento della polizia provinciale affinché l’animale fosse tolto dalla circolazione, in un modo o nell’altro.
Invece Minerva ce l’ha fatta e se l’è cavata benissimo da sola. Alcuni pensionati della zona di Casatenovo hanno raccontato alla stampa locale di avere iniziato a lasciare del cibo per lei nelle zone che si sapeva frequentare, lontano dalle strade e dai pericoli. Ma nulla di più. Al resto ci ha pensato da sé. È una mucca di tipo Limousine, una razza da carne che prende il nome dalla regione francese di Limoges famosa anche per le ceramiche, e che è tra le più utilizzate negli allevamenti per la sua notevole massa muscolare e facilità di ingrasso. Insomma, non proprio lo stereotipo dell’animale agile e scattante capace di sopravvivere in ambito selvatico. Anche per questo è un fatto eccezionale che sia riuscita prima a sfuggire alla macellazione, percependo probabilmente quello che sarebbe successo dai lamenti, dalla tensione e dall’odore di sangue che si diffonde nell’aria quando gli animali sono incolonnati per l’abbattimento, e poi ad arrangiarsi in autonomia per così tante settimane.
Alla fine è arrivata sana e salva, e per di più con una nuova amica, alla sua nuova destinazione. «È proprio qui al nostro centro di recupero — spiega ancora la presidente di Leidaa — che ha ricevuto la prima carezza di tutta la sua vita. Questi animali sono visti solo come strumenti di produzione, non sono mai considerati esseri senzienti. Ed è da qui che sarà la testimonial delle nostre battaglie contro gli allevamenti intensivi».
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