Ma quanti lupi dovranno essere uccisi per poterci dire davvero al sicuro? Nessuno lo dice (ma tanti lo pensano)
La Camera ha approvato due giorni fa la legge di delegazione europea, un provvedimento che raccoglie tutti gli atti Ue che il Paese è chiamato ad adottare o ratificare. Tra questi c’è anche il declassamento dello status di protezione del lupo. La specie passa ad un livello di tutela inferiore, non più «rigorosamente protetto», ma solo «protetto». Il che, al di là delle sottigliezze lessicali, significa che sarà più facile prevedere piani di abbattimento per evitare situazioni considerate conflittuali con le attività umane.
La decisione era stata già presa a livello Ue, con la modifica della direttiva Habitat votata dal Parlamento Europeo, dalla Commissione e dal Consiglio Ue. La parola è passata ora agli Stati membri, che possono adeguare i loro ordinamenti oppure mantenere lo status quo, lasciando cioè la protezione massima. Probabilmente tutti o quasi si adegueranno alla linea di Bruxelles. Di certo lo farà l’Italia e il voto a Montecitorio è stato il primo passo verso questo obiettivo.
Le associazioni animaliste parlano di voto populista e anti-scientifico, che non tiene conto del ruolo di regolatore naturale della biodiversità che il lupo, cacciando gli ungulati, ha nel territorio. Sul fronte opposto si sottolinea come il lupus italicus non sia più una specie a rischio di estinzione e che la prima tutela è quella che si deve alle persone e al frutto del loro lavoro, ovvero gli animali allevati.
La popolazione di lupi è fortemente cresciuta negli ultimi anni (in Italia sono fra i 3.300 e i 4 mila esemplari) e che diversi casi di predazione verso animali da reddito o da compagnia sono stati registrati non solo negli alpeggi ma anche nelle aree rurali e in qualche caso periurbane. Il lupo è considerato un pericoloso antagonista per allevatori e cacciatori e da più parti si invoca un suo contenimento massiccio evocando anche la paura che ormai spingerebbe molte persone a non frequentare più i boschi per evitare di incontrarlo.
Ma quanto massiccio dovrebbe essere? Intervenendo a Montecitorio l’on. Francesco Bruzzone, deputato della Lega e tra i portavoce dei cacciatori in politica, ha di fatto sottolineato la necessità di eliminarlo da tutte le zone «non vocate» alla sua presenza, ovvero quelle in cui è presente anche l’uomo. Ma in un territorio come l’Italia di aree senza presenza umana ce ne sono davvero poche, comprese quelle di montagna. Bisognerà dunque aspettarsi l’uccisione di migliaia di capi, come avvenuto nei secoli scorsi, quando i lupi sono stati letteralmente sterminati, sopravvivendo solo in qualche area del Parco Nazionale dell’Abruzzo, da dove poi, grazie anche alla tutela, si sono ricostituiti? Perché è chiaro che se questo è il ragionamento, ovvero o noi o il lupo senza convivenza possibile, non sarà sufficiente sbarazzarsi di alcuni esemplari troppo confidenti che si spingono a ridosso dei centri abitati, sempre che si riescano ad identificare con precisione gli animali problematici.
Quello che succederà lo capiremo prossimamente, in base a come il governo Meloni comporrà i decreti attuativi che stabiliranno le modalità di intervento. Ma di certo per quello che 800 anni fa San Francesco, che questa stessa maggioranza ha voluto omaggiare ripristinando il 4 ottobre come festa nazionale, aveva chiamato «frate lupo» e con cui aveva stipulato un patto di amicizia, non tira davvero una buona aria.
Più che attenti al lupo, è davvero il caso di dire attento il lupo.