Morto Iain Douglas-Hamilton, il protettore degli elefanti in Africa. Grazie a lui fu vietato il commercio di avorio
di Silvia Morosi
Fondatore e presidente di «Save the Elephants», ha avuto un ruolo fondamentale nel denunciare il bracconaggio legato al traffico delle zanne
Iain Douglas-Hamilton con un dei suoi elefanti e in primo piano nel riquadro
Il mondo della conservazione ambientale perde una delle sue voci più autorevoli: lo zoologo scozzese Iain Douglas-Hamilton, fondatore e presidente di «Save the Elephants», è morto l’8 dicembre a Nairobi, in Kenya, a 83 anni. Le sue campagne portarono a vietare il commercio di avorio nel 1989, come stabilito dalla Convenzione di Washington, anche se diverse scappatoie legali hanno permesso all’Europa di essere un centro importante per il commercio, spesso illegale. La notizia della scomparsa è stata diffusa dall’organizzazione stessa, che ha definito la sua morte «una perdita immensa per la scienza, per la conservazione e per chiunque abbia a cuore il futuro degli elefanti africani».
Nel 1993, prosegue la nota, «fondò Save the Elephants per garantire un futuro agli elefanti selvatici africani, approfondendo la comprensione della loro intelligenza, salvaguardando i loro habitat e promuovendo l’armonia tra questi animali e le persone che condividono i loro territori».
Douglas-Hamilton avviò il primo studio scientifico approfondito sul comportamento sociale degli elefanti nel Parco nazionale del lago Manyara, in Tanzania, a 23 anni, e in seguito conseguì un dottorato di ricerca in zoologia a Oxford. Documentò una perdita del 50% della specie tra il 1979 e il 1989 e definì quella stagione come «un olocausto degli elefanti». Quando una nuova ondata di uccisioni colpì il Continente tra il 2010 e il 2012 – circa 100mila animali vennero ammazzati – tornò a mobilitarsi, testimoniando davanti alla Commissione Esteri del Senato americano, sostenendo la necessità di rafforzare i divieti. Insieme alla moglie scrisse due libri pluripremiati, “Among the Elephants” e “Battle for the Elephants”, realizzando anche numerosi film per la televisione.
Per il suo lavoro ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui
l’Order of the British Empire, l’Indianapolis Prize e l’Esmond B. Martin Royal Geographical Society Prize. Come lui stesso raccontò, nel corso degli anni «fu caricato da elefanti infuriati, schiacciato da un rinoceronte, preso di mira dai bracconieri e sopravvisse a diversi incidenti aerei».
Intanto, un nuovo rapporto dell’Iucn, sostenuto anche dal Wwf, rivela una popolazione stimata di 135.690 elefanti africani di foresta (Loxodonta cyclotis) presenti nelle foreste dell’Africa centrale (in Stati come Repubblica del Congo, Gabon, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana). Si tratta di un numero più alto del 16% rispetto ai dati pubblicati nel 2016, anche se il pachiderma rimane a rischio critico di estinzione, a causa del bracconaggio e della frammentazione del suo habitat. Come spiegano dagli esperti dell’Iucn «i numeri aggiornati degli elefanti africani delle foreste non devono essere interpretati come una crescita della popolazione, ma piuttosto come il risultato di una migliore copertura di indagine resa possibile da metodi basati sul dna». Solo dal 2021 il loro stato di conservazione è valutato separatamente da quello degli elefanti della savana (Loxodonta africana).
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