“Se mi lasci, ti porto via Flora”. Il legame con il cane spinge Francesca a liberarsi dell’amore tossico
Giuseppe sapeva bene che il tallone d’Achille del cuore di Francesca era Flora, il suo amato cane. Decide di usare questa sua fragilità per ricattarla e riportarla a sé dopo una separazione.
Francesca e Flora, un legame speciale
Flora è una femmina di cane bionda come il miele di acacia, trovata in una notte di mezz’estate in riva al mare, in Sicilia. È sicuramente figlia di mamma Golden e papà cane da caccia, ha un corpicino minuto perché denutrita, e un pelo folto e biondo.
La cagnolina è un raggio di sole che cammina su quattro zampe: allegra, esuberante, buffa, dolcissima e luminosa. La sua presenza nella vita di Francesca ha portato un’ondata di aria fresca di cui lei aveva un gran bisogno.
Il pelo chiaro, morbido e caldo come la sabbia, ondeggia quando Flora corre felice, portando con sé un’energia che scalda il cuore di chi le sta accanto.
I suoi occhi, lucenti e pieni di dolcezza, sembrano custodire un mondo fatto di amore e fedeltà. Vive per la sua amica umana da cui non si discosta mai.
Francesca ha avuto una vita di solitudine e di disastri affettivi: simpaticamente in seduta sostiene di essere attratta esclusivamente da uomini tossici, quelli risolti e sani non le piacciono.
Quando Flora è entrata nella sua vita, Francesca era stata abbandonata da uno dei suoi tanti amori tossici e stava vivendo un momento di profonda difficoltà emotiva.
Flora, per Francesca, è sempre stata una presenza silenziosa ma potente in grado di riempire i silenzi del suo mondo interno e gli strappi del suo cuore affaticato.
Flora, nei momenti bui, diventava presenza, abbraccio, cura; lo faceva con l’amore e la calma di cui era portatrice sana.
La cucciola bionda è sempre stata una compagna di giochi e di passeggiate olfattive, un rifugio per i momenti tristi, custode dei segreti che la sua amica umana le sussurrava durante la condivisione delle loro giornate. Il loro legame cresceva di giorno in giorno, si sentivano famiglia, non avevano bisogno di niente e di nessuno. Ogni qualvolta Francesca tornava in paese, Militello Val di Catania, dove abitava la madre, portava sempre con sé Flora, ed era sempre una festa per tutti.
Per Francesca bastava uno sguardo della sua piccola Flora per ricordarle che in fondo la felicità è fatta di piccole cose: un abbraccio, una corsa al parco, un musetto appoggiato sulle ginocchia, una certezza tra il suo pelo biondo.
Francesca e Giuseppe, un amore tossico
Quando Francesca si innamora di Giuseppe capisce che, esattamente come tutte le altre volte, si trattava di un amore tossico, ma in cuor suo sperava che questa volta fosse diverso.
Giuseppe, sin da subito, aveva colonizzato ogni angolo del cuore di Francesca, ogni centimetro, ogni piega e ogni anfratto. Aveva scalato le montagne delle sue paure per arrivare in luoghi per lei emotivamente inesplorati, forse irraggiungibili, inespugnabili. Giuseppe scavava con la sua lucina sempre accesa da minatore e Francesca lo lasciava fare, felice di essere colonizzata. Ignara dei rischi postumi.
Quest’uomo così tanto tenebroso aveva un modo di amare tutto suo, senza mezzi termini, senza riserve, senza freni a mano. Era un uomo del tutto o niente, del bianco o nero, e sembrava esserle stato inviato dalla vita o dal fato per curare – anzi farle credere che lo stesse facendo – le ferite più ataviche, quelle che in passato erano state farmaco-resistenti.
Giuseppe la inondava di attenzioni, di apparenti gentilezze, di e-mail. In realtà la soffocava mentre la controllava e la manipolava.
Francesca aveva iniziato a scandire le sue giornate in funzione delle sue notifiche. Tante, tantissime, insistenti, a suo dire, meravigliosamente senza sosta. A me, da clinico, il solo ascoltarla mi faceva mancare l’aria, ben consapevole del baratro enorme dal quale stava per essere inghiottita.
Giuseppe si era presentato sotto mentite spoglie: come colui che avrebbe salvato la vita di Francesca, e invece la vita gliela stava togliendo. Si era presentato come colui che voleva curare le ferite della sua infanzia, e invece le ferite d’infanzia le squarciava ancora di più, con premeditazione, senza pietà.
La caduta dalle scale
Un bel giorno Francesca posta sul suo account Instagram una foto scattata in palestra. Era felice, allo specchio, faceva la linguaccia a un’amica con cui condivideva lo sport (amica che a Giuseppe non piaceva perché l’aveva messa in guardia sui rischi di questo amore così tanto malsano e possessivo), rideva e mostrava tutta la sua bellezza. Da quella foto in poi la situazione precipita.
Giuseppe diventa ossessivo, geloso, più controllante del solito. La sera, al rientro, durante una lite la spinge con violenza – a suo dire inavvertitamente -, e Francesca cade delle scale.
Flora abbaia, si spaventa, la segue per sincerarsi che stesse bene. Le lecca il viso, le si acciambella al suo fianco. Ha paura. Non si sposta da lì. Se avesse potuto parlare, avrebbe già chiamato aiuto, ma invece inizia a guarire dalla preoccupazione.
Francesca pende in braccio la cagnolina, chiama la madre, la sua amica e va via di casa. Dopo ecchimosi e paure, decide di trasferirsi per un po’ a casa della madre per fare chiarezza dentro di lei.
Ha paura, è confusa, non sopporta più la gelosia ossessiva di Giuseppe e non metterebbe mai in pericolo la salute della sua piccola Flora, perché se le fosse successo qualcosa lei non se lo sarebbe mai perdonato.
Francesca chiede a Giuseppe una pausa di riflessione, Giuseppe si rifiuta, non accetta il distacco. I giorni successivi sono caratterizzati da messaggi supplichevoli, e-mail d’amore e di strazio, minacce e tentativi di riparazione.
Francesca chiede tempo, Giuseppe la incalza.
Durante una lite telefonica le dice che se lei non fosse tornata con lui, avrebbe fatto del male a Flora, gliela avrebbe portata via.
Francesca chiude il telefono e chiama i carabinieri per denunciare la minaccia appena subita.
La minaccia ricevuta arriva un attimo prima che sia troppo tardi perché Giuseppe era già in auto in direzione Militello.
Grazie alla paura subita, Francesca chiude definitamente la sua relazione con Giuseppe e rimane a vivere per qualche mese dalla madre con la sua piccola Flora: la sua dispensatrice di dosi di coraggio.
P.S: ringrazio Francesca per avermi autorizzata a scrivere in esclusiva per La Zampa questa storia di dolore e coraggio. E ringrazio Flora per essere stata il coraggio mancante al nostro percorso di cura.
Alcuni passaggi sono stati rivisti o modificati per motivi creativi e di privacy, e i nomi sono di fantasia.
* Valeria Randone è psicologo e sessuologo clinico a Catania, Milano e online (www.valeriarandone.it) e autrice del libro “L’aggiustatrice di cuori – Le parole che riparano”. La sua grande passione per i cani l’ha portata a scrivere anche per La Zampa ed è nato la spazio “Per amore degli animali”